La moda A? da sempre una delle anime del made in Italy. A? capace di esprimere marchi globali, durevoli e invidiati dai gruppi stranieri. Acquisizioni come quella di Louis Vuitton (LVMH) di Loro Piana, un leader di qualitA� nella��abbigliamento maschile, provano il valore dei marchi e dei prodotti delle nostre aziende.

I dati economici parlano perA? di una sofferenza nelle vendite. Il 2012 si A? chiuso con un fatturato di settore pari a 50,4 miliardi di euro, con un calo del 4,4% sul 2011. Mille e 300 aziende sono sparite, con la perdita di circa 16mila lavoratori. Questi risultati nascondono un divario fra un mercato interno in calo costante ed esportazioni che reggono e in alcuni casi migliorano. I tassi di crescita maggiori per la��abbigliamento italiano sono in Cina (+18,3% nel 2012), Stati Uniti (+15,1%) e Giappone (+14,9%). Francia, Germania e gli altri mercati europei registrano invece un calo vistoso. Il primo trimestre del 2013 conferma questo trend, con un mercato italiano in calo (-2,2% sullo stesso periodo del 2012) ed esportazioni in miglioramento (+1,2%, dati Sistema moda Italia). Un andamento simile si registra per pelletteria e calzature.

I risultati di settore si ripercuotono sulle performance delle singole aziende: crescono imprese come Prada e Ferragamo, che hanno storicamente una forte presenza commerciale alla��estero e soprattutto in Asia; sono in difficoltA� i campioni nazionali che dipendono prevalentemente dal mercato italiano, come Geox, che ha dovuto recentemente presentare un piano di esuberi.

La��Europa, sia pure stagnante, resta un presidio fondamentale per la legittimitA� del marchio. Il mercato cinese desta attualmente qualche preoccupazione, a causa del rallentamento della crescita locale.

Gli imprenditori italiani sembrano comunque pronti a entrare nei mercati emergenti piA? giovani, come dimostra Zegna, che questa��anno A? stata la prima azienda occidentale del lusso ad aprire un negozio nella��Africa sub-sahariana (a Lagos, in Nigeria). Nel 1981, Zegna era stata anche la prima a entrare in Cina.

In questo complesso contesto di mercato, la moda italiana puA? contare sul perdurare di un vantaggio competitivo nella manifattura. Dopo anni di ricerca di produttori a basso costo nei paesi asiatici, il settore sta recuperando a livello globale i valori della produzione artigianale. La lavorazione dei tessuti, la modelleria, il ricamo, la maglieria e altre attivitA� manifatturiere premiano ancora la destrezza manuale e la tradizione, quanto meno nella fascia di alto di gamma dove si crea il valore di un marchio. Il crescente desiderio di personalizzazione del prodotto da parte dei clienti porta a un recupero della sartorialitA�. Le aziende italiane hanno consolidato i loro punti di forza in questo campo, come dimostrato di nuovo dalle aziende straniere, che si affidano a fornitori italiani, o li acquistano, o sviluppano i loro insediamenti produttivi nei nostri distretti, per esempio nel Vicentino o in Toscana. La provenienza italiana del prodotto entra anche nelle politiche di comunicazione di queste aziende. In una recente intervista, il ceo di Jimmy Choo, celebre marchio inglese di scarpe, ha dichiarato: a�?Tutti, ma proprio tutti, i prodotti Jimmy Choo sono prodotti in Italia, quindi la��Italia A? al centro della nostra produzione artigianale. In quanto marchio di lusso, incentrato sugli accessori, consideriamo il made in Italy come una parte essenziale della nostra brand identity e un segnale fondamentale della qualitA� dei nostri prodottia�? (Il Sole 24 Ore, 28 giugno 2013).

Credits: questo articolo di Nicola Misani e Paola Varacca, docenti del Dipartimento di management della Bocconi,A�A? stato pubblicato su Il Sole 24 Ore in data 28/06/2013