Maker e artigiani parlano la stessa lingua? La domanda se la poneA�Giorgio SoffiatoA�alla��indomani del successo straordinario della Maker Faire di Roma. E la risposta non A? difficile da intuire.

La differenza tra i percorsi non A? solo, a mio avviso, una questione di etA� media dei protagonisti (giovani i primi, piA? in lA� con la��etA� i secondi) o di sguardo rivolto al futuro. Certo, questi sono fattori che contano. Credo che le differenze fra maker e artigiani (o meglio fraA� artigiano da��antan e artigiano futuro) siano piA? profonde. Metterle a fuoco aiuta anche a capire quel che si puA? fare per accelerare un cambiamento che a�� condivido con Giorgio a�� costituisce una prioritA� per la��economia del nostro paese.

SuggeriscoA�tre puntiA�su cui concentrare la��attenzione.

Il primo ha a che fare con laA�fine della cultura del segreto. I nostri artigiani da��antan hanno custodito gelosamente il proprio saper fare. Hanno fatto del segreto una vera e propria bandiera. Non senza ragione, in alcuni casi. Oggi la situazione A? cambiata. E il problema non A? tanto la concorrenza, che ovviamente si attrezza per capire cosa ca��A? dietro a un prodotto e alla sua qualitA�. Il vero fattore del cambiamento A? la domanda, che oggi reclama a�� a ragione a�� di sapere che storia ca��A? dietro un oggetto e un servizio. Oggi, il racconto A? parte integrante del valore di un bene. Senza una storia A? difficile immaginare di differenziare alcunchA�. Ea�� proprio sul fronte del racconto che il maker A? decisamente in vantaggio. Il maker un poa�� fa, un poa�� twitta. Il suo A? un fare sociale, non solitario. Raccontare A? nel suo DNA. Su questo fronte la��artigiano da��antan ha bisogno di qualcosa di piA? di una spintina..

Il secondo punto ha a che fare con la necessitA� di una nuovaA�culturadella��internazionalizzazione. La��artigiano da��antan A? profondamente radicato nella cultura locale. E questo A? un bene. Ma oggi bisogna aprirsi alla globalizzazione, ai mercati che crescono, ai nuovi designer che girano per il mondo, alle nuove opportunitA� della ricerca. In questi anni, in molti hanno intrapreso un percorso di internazionalizzazione: hanno preso la loro valigia e sono andati a nuove fiere, in paesi a lungo poco battuti, scoprendo una geografia del mondo tutta nuova.A�Il tema perA? non A? semplicemente quello della vendita alla��estero. Lo straniero, A? bene ripeterlo allo sfinimento, non A? semplicemente un consumatore cui rifilare il prodotto made in Italy. Ea�� una persona che pensa, che ha idee, che spesso ha sensibilitA� e gusto. Apririsi alla��internazionalizzazione significa accettare la sfida di un dialogo con il mondo (senza perdere la propria anima). Su questo terreno la��esperienza Banzi/Arduino docet.

Il terzo punto riguardaA�una nuova idea di gioco e di sperimentazione. I maker avvicinano la complessitA� del mondo materiale con uno sguardo pieno di curiositA� e di entusiasmo. Chi A? andato a Roma in questi giorni lo ha visto in tutti gli stand. I maker, anche i piA? giovani, non hanno la reverenza della��apprendista che si accinge a cinque anni di gavetta prima di poter prendere davvero in mano la��iniziativa. La��approccio play + fun ha un senso perchA� oggi le nuove tecnologie, in primis ildigital manufacturing, consentono di passare dal livello principiante al livello intermedio in tempi relativamente brevi. Ea�� un poa��A�come nello sci. Una volta passavano anni prima che uno imparasse a sciare a sci uniti. Oggi, con gli sci ultimo modello, qualche settimana A? sufficiente per fare bella figura. E i piA? vecchi rosicano, increduli. In realtA�, non A? poi tutto cosA� facile. Il tempo necessario per passare da un livello intermedio a un livello di eccellenza (livello richiesto per chi vuole fare della propria pratica un mestiere che incontri stabilmente i favori del mercato) rimane decisamente lungo. Ea�� altrettanto vero perA? che non possiamo piA? imporre ai giovani una retorica del sangue e del sudore: avvicinare un mestiere deve essere divertente e pure a�?coola�?. La fatica viene dopo.

Come fareA�per accelerare una transizione culturale quanto mai necessaria? Di solito non A? facile affrontare punti cosA� diversi immaginando un unico punto da��attacco. Questa volta penso che una soluzione semplice ci sia: A? quella di incentivare in tutti i modiA�la diffusione della reteA�a�� in tutte le sue forme a�� nel tessuto economico nazionale, in particolare nella piccola e piccolissima impresa.

Si tratta di sostenere la banda larga, la��accesso a servizi innovativi, la presenza sui social network e sui portali del commercio elettronico:A�A�un incentivo alla pratica delle reteA�a tutti i livelli A? un modo intelligente per far capire i vantaggi della condivisione della conoscenza, per accendere nuove relazioni internazionali, per capire che il proliferare di un gran numero di a�?dilettantia�? non A? una minaccia per un lavoro di qualitA� (anzi, A? il contrario). Questa A? la direzione da prendere per accelerare la convergenza.

Il lavoro artigiano ha un gran bisogno di entrare a testa alta nella rete. Speriamo che la politica se ne accorga.

Credits: questo articolo A? stato pubblicato su First DraftA�da Stefano Micelli in data 07/10/2013